Introduzione di prof. dr. sc. Sibila Petlevski, Akademija dramske umjetnosti Sveučilišta u Zagrebu
22/05/2019 // news
TAGLIO D’ORO PER IL LEONE D’ORO
Un decennio fa, avevo fatto parte della giuria professionale per la valutazione e selezione delle performances pervenute al Festival Internazionale del Teatro da camera Leone d’Oro, e in quell’occasione avevo scritto un articolo intitolato “L’età d’oro del Leone d’oro”. Il mio intento era di enfatizzare l’unicità e la qualità del concetto d’autore del Festival. Nonostante le difficoltà, anzi circostanze sempre più difficili, nelle quali viene esaminato e valutato il ruolo della cultura nella società – questo Festival è sempre riuscito a realizzare e riconciliare l’armonia, una sorta di sezione aurea tra due componenti equivalenti di vita teatrale: la necessità di mantenere standard teatrali elevati e di eccellenza artistica da un lato, e l’impegno di ascoltare il pulpito del pubblico dall’altro. Di solito si dice che arte e populismo non si conciliano, ma proprio una tale “riconciliazione” di tendenze apparentemente opposte, viene raggiunta grazie alla concezione dell’autore del Festival, che da una copertura attenta e profonda, sia nella coraggiosa ricerca artistica, che nella comunicazione tramite un collegamento che rafforza le risorse di poteri convergenti chiusi nello spettetore, e il pubblico esce dalla “scatola nera” teatrale emotivamente e intellettualmente impegnato, istruito e divertito.
Forse oggi lo scopo più importante della cultura del Festival sta nel rafforzare o addirittura far rinascere l’interesse per l’arte, e ciò può essere realizzato nel modo impostato dal direttore artistico del Festival Internazionale del Teatro da camera Leone d’oro: incoraggiando la curiosità degli spettatori all’aprirsi verso il “nuovo”, come per ciò che è riconoscibile nello “sconosciuto” e il conservativismo del “conosciuto/familiare”. Tutte le tesi che allora avevo esposto lodando il Festival, sono valide ancor’oggi. Alcune cose devono essere insistentemente enfatizzate nel contesto del riconoscimento ridotto, e ancor più il drasticamente ridotto supporto finanziario dei valori culturali.
Entrando nella stagione giubilare del Festival Internazionale del Teatro da Camera Leone d’oro, citeremo Oscar Wilde: “Il critico dovrebbe educare il pubblico; l’artista ha il dovere di educare il critico. ” Spieghiamo perché sia lecito citare Wilde nel contesto di un festival teatrale impostato dal fondatore e direttore artistico, Damir Zlatar Frey. Il progetto del Festival, che tra l’altro ha avuto un gran successo, si basa sull’idea di coesistenza di tre nazioni – croati, sloveni e italiani – che convivono nella zona di confine, testimoniando la necessità di superare i confini; il desiderio di espansione sfrenata di idee e pratiche artistiche, il che conduce all’espansione degli orizzonti. Anno dopo anno, con l’intenzione che questo nobile compito si realizzi, il Festival conferma l’esattezza del pensiero di Gavella che sostiene che ogni contatto con la vita teatrale straniera pulisce la visione della nostra creatività, e nelle parole pronunciate da “stranieri” – finchè nella passione della performance cercano di trovare un punto di riferimento comune – vibrano tutti gli elementi del nostro discorso interiore.
In questo senso, si può dire che la concezione della critica del Festival, mirava fin dall’inizio ad educare il pubblico, svegliando i potenziali spirituali degli spettatori, stimolando la curiosità e la necessità di ricevere informazioni e allo stesso tempo aumentare la consapevolezza e la coscienza del pubblico. Il potenziale rivelatore del teatro, in termini di tempo associato alla formazione di eventi qui e ora, può essere liberarato solo in presenza dello spettatore come fattore attivo che deve essere – come dice Badiou – invocato. La vera natura del teatro non viene raggiunta con un’analisi stancante, bensi collegando gli elementi tradizionali di luogo, testo, regista, attore, decorazioni, costumi e pubblico, in modo che tramite un’impostazione giocosa, si giunga ad una Dialettica di Stato (situazione di presentazione), Etica drammatica (provocazioni di performance) e lo Spettatore (come possibile sostenitore della verità). Il modello così impostato è coronato da un concetto di teatro che si pone coraggiosamente nella funzione del motore della produzione della Verità attraverso l’eventuale emergere di sfide. L’appello dello spettatore non segue un decreto, ma viene formato in base al potenziale appropriato per un giudizio responsabile sulla qualità dello spettatore. Lo spettatore, al contrario degli osservatori, dovrebbe prendere su di sé, come individuo, la responsabilità ermeneutica, condividere il rischio con gli artisti dello spettacolo, per cui ogni occhiata al “vicino” apre una nuova entusiasmante prospettiva, uno sguardo sorprendentemente fresco al “familiare”.
La cornice critica del Leone d’oro , posta da Zlatar Frey, è stata progettata per risvegliare l’esistente e creare un nuovo pubblico. D’altra parte, lo stesso concetto critico ben concepito del Festival, rimane aperto; lasciato alle sfide della nuova performance nella sua varietà di forme di teatro da camera (dalle scene di teatro da camera di grandi teatri, a compagnie teatrali non istituzionalizzate e la formazione di un teatro sperimentale) per – come disse Wilde – dare la possibilità all’artista di educare i “critici” per toglierli dalla sicurezza di concetti preformati, rilasciare e incoraggiare la reciprocità.
Il festival è concettualmente innovativo. Il festival, la “vita” teatrale, si basa sulla realtà della coesistenza di tre popoli – croati, sloveni e italiani – che convivendo nella zona di confine sono destinati a testimoniare la necessità di superare i confini; il desiderio di espansione sfrenata di idee e pratiche artistiche, il che conduce all’espansione degli orizzonti, che necessariamente conducono a orizzonti che si espandono, il che crea molteplici vantaggi per la comunità: fertilizza idee nuove nel campo della creazione artistica, promuove la tolleranza sociale e la convivenza, arricchendo la scena teatrale croata, crea una piattaforma per progetti e programmi transfrontalieri che diffondono le arti teatrali, informano ed educano il pubblico, e espandono la base di ricezione e partecipazione alla creazione dell’offerta di mercato artistico di alta qualità e la richiesta di collaborazione; espande e arricchisce l’offerta turistica nella regione.
La serietà nel determinare l’inquadratura, ma anche la giocosità e la permissività, sono una speciale virtù del concetto del programma. Il Festival viene lasciato alle sfide di nuove esibizioni di un diverso design, include tutte le caratteristiche espressive del Teatro da camera. Il concetto del Festival, in due decenni di esistenza e di successo, si sta espandendo e internazionalizzando. Tale sviluppo ha necessariamente portato alla complessità dei compiti e delle attività di produzione, trasformando il Festival Internazionale di teatro da camera Leone d’oro in un programma complesso che di per sé comprende tutta una serie di componenti progettuali, ciascuno di per sé impegnativo, ma che formano un insieme organico. Il produttore del Festival, Marko Fereni, ha riunito un gruppo di collaboratori piuttosto piccolo ma efficiente e competente, raggiungendo un’esemplare gestione del programma del Festival, il quale può essere d’esempio a molti festival mondiali con una rete di infrastrutture molto più grandi, un notevole numero di collaboratori e un sostegno finanziario garantito.
Parlando di sostegno finanziario in tempi di crisi, si deve notare che i progetti di livellamento a chiave ” ad ognuno un pò ” non porta a risultati soddisfaccenti e, alla fine, il risparmio che equalizza i grandi programmi di interesse per la comunità, e piccoli progetti che devono ancora evolvere – porta necessariamente a un paradosso in cui il denaro risparmiato viene effettivamente spreccato. Il Festival Leone d’Oro è un programma che in due decenni di attività ha dimostrato di essere un successo nostrano – civico, regionale, nazionale – ma anche un programma internazionale che contribuisce all’offerta culturale croata.
Damir Zlatar Frey, direttore d’opera, coreografo, drammaturgo, costumista, scenografo, fondatore e direttore del teatro e del Festival, che in un’occasione descrissi come “professionista autentico della propria arte e storia di vita, come una delle possibili teorie di vita nella pluralità della verità” con la propria dirigenza forte e acclamata a livello internazionale, è stato in grado di aggiungere una qualità extra al Festival. Dall’atteggiamento dell’autore che non perde mai la propria capacità di valutazione realistica e precisa degli eventi attuali nella dinamica del teatro del nostro tempo, viene realizzato il programma “Taglio d’oro”: la sensibilità per una vasta gamma di diverse opportunità per l’accesso al teatro da camera sapientemente armonizzato con la visione di regia di Frey e una ricca esperienza e pratica teatrale.
Il valore specifico della cultura del Festival sta nella capacità di creare “un’aurea” di eventi urbani attorno al programma stesso. Il Festival Internazionale di teatro da camera Leone d’oro è riuscito a creare una cornice del programma teatrale interessante e autonomo, ma il suo vantaggio è creare un’atmosfera di punto di riferimento nei mesi estivi degli eventi culturali che la città di Umago – naturalmente con una corretta valutazione del progetto del Leone d’oro – potrebbe essere classificata sulla mappa delle mete turistiche più interessanti sulla mappa Europea.
Prof. Dott. sc. Sibila Petlevski,
Accademia delle Arti Drammatiche, Università di Zagabria